GARELLI EL-VA-NO (“Non va”)
Vent’anni or sono iniziò la mia fede motociclistica.
Appena dodicenne, il nonno mi mise in sella ad un ciclomotore a ruota bassa, di quelli pieghevoli (così detti “da barca”).
Mi era consentito girare solo in cortile. Su un tragitto rettilineo di una quindicina di metri consumavo litri di miscela al “boh%”, affinando la tecnica dell’inversione a “U” in spazi ristretti.
Benché fossi un dodicenne “privilegiato”, non mi bastava. Segretamente ambivo al Garelli Gulp verde pistacchio con il quale il nonno Elvano percorreva il tragitto che portava da casa all’orto in campagna, già mezzo di locomozione di mia madre ai tempi della scuola magistrale. Ruote alte, motore mezzo cavallo più potente, marmitta forata. Non so se mi spiego…
E venne il giorno. Un giorno d’estate. Non era raro che raggiungessi il nonno per farmi una scorpacciata delle fragole che coltivava solo per me, o per qualche consiglio prima di una battuta di pesca nelle rogge del circondario.
Vicino al vecchio carro di legno, il Garellino faceva bella mostra di sé. I miei occhi luccicavano. Non ci fu bisogno di molte parole: “basta che stai attento…”.
Ancora oggi sono dell’idea che se avessi percorso la stradina sterrata pedalando anziché a pieno gas sarei andato un pezzo più forte, tale era l’emozione.
Da allora in poi, fu una delle più belle estati che io ricordi. Con il Garellino facevo avanti e indietro sugli argini, riempiendo di libellule che svolazzavano a mezz’aria un retino da pesca teso verso l’alto. Oggi purtroppo non ci sono più. Non così tante. Non c’è più neanche il nonno Elvano.
Dedicato a lui.
